Victor Gingembre: quando la scultura in pietra diventa design
1. Come è nato il progetto delle sedie? Come hai conosciuto Vicentina Marmi e Santamargherita?
Un giorno Pierangelo Marchesini, direttore di Vicentina Marmi, mi ha chiamato al telefono per farmi partecipare ad un concorso per la realizzazione di panchine in marmo destinate alla città di Chiampo. Abbiamo in comune la passione per il marmo e la stessa visione, cioè la complementarità tra creatività/tradizione, tecnologia/manualità.
2. Quale è stata la tua ispirazione per la realizzazione di queste sedie? È stato il materiale ad ispirati o un concept particolare?
Nel 2013 a Carrara ho realizzato un primo prototipo di sedia ispirata alle curve femminili a partire dallo stesso blocco di marmo bianco. Ne sono uscite una sedia e una panchina, con uno scarto di marmo sopra ed uno sotto. Due anni dopo nel 2015, con “les Causeuses”, ho deciso di creare tre profili l’uno dentro l’altro. L’obbiettivo era di risparmiare la materia, il tempo di lavorazione e di creare pezzi unici senza assemblaggi.
3. Qual è, secondo te, la percezione delle persone di fronte a queste Sedie?
Al primo sguardo, penso che la gente percepisca la sensualità delle curve, al secondo, intravede il gioco d’assemblaggio molto chiaro a partire della continuità delle linee.
4. Ci sono altri progetti in ponte per Vicentina Marmi e Santamargherita? Inoltre, a cosa stai lavorando adesso?
Ora stiamo preparando una libreria con il filo diamantato, dei vasi imbricati tagliati con il water-jet e dei pannelli giganti di marmo bianco ed ottone. Un progetto molto complesso che grazie alla precisione dei migliori artigiani di Vicentina Marmi diventerà realtà. Il resto è tutto ancora segreto.
5. La pietra è il materiale principe della scultura: come si declina questo materiale nel mondo del design?
La pietra è il futuro ed offre un’infinità di nuove possibilità grazie alle nuove tecnologie. Il marmo deve essere ideato a blocco; la scultura di Michelangelo mi ha insegnato che la materia è profondamente spirituale quando si pensa in termine di corpo sotto la luce. Durante il Rinascimento un architetto doveva essere prima uno scultore per capire il suo mestiere. Brunelleschi scolpiva prima di realizzare il duomo di Santa Maria del Fiore a Firenze. Penso che bisogna confrontarsi con il volume della pietra, il suo peso, le sue dimensione, la sua gravità, le sue vibrazioni…
6. Dalla pietra al design, passando per l’arte: quali sono i momenti più importanti che hanno segnato il tuo percorso artistico?
I momenti che hanno segnato il mio percorso sono le esperienze, le scoperte, gli incontri con persone e maestri antichi. Quando ero bambino andavo al Louvre con mia nonna, mi portavo i libri d’arte a casa e copiavo i disegni tutte le mattine prima di andare a scuola. A 6 anni, facevo ceramica. Poi a 8 anni, ho incontrato Maurizio Toffoletti, uno scultore Pugliese che mi ha fatto scoprire il marmo di Carrara. Sono caduto nella polvere di marmo. Nello stesso momento ho incontrato Hans Marks: con lui scolpivamo la creta davanti a delle modelle nude; mi ha insegnato presto l’anatomia. Più tardi, alcuni meravigliosi incontri sono stati Serena Tallarigo, grandissima artista, colta e discreta, o ancora Gigi Guadagnucci, maestro toscano chiamato “il Paganini del marmo”, alla ricerca di luce e leggerezza.
Nel 2016 ho esposto al salone del mobile a Milano le sedie in marmo per poi presentarle nel 2017 al PAD Padiglione Art and Design a Tuileries in centro a Parigi con la Galleria Dutko. In questo momento sto presentando mobili e quadri interamente in marmo al Humanit’Art di Ginevra.
7. Oggi si chiamano “influencer”, un tempo si diceva “modelli”: le fonti di ispirazione -sia classiche che contemporanee- sono importanti nel tuo lavoro? Chi sono i tuoi modelli: personaggi/artisti/architetti?
Posso essere colpito dalle curve sensuale degli edifici di Oscar Niemeyer, ma anche dal rigore nel dettaglio nei progetti di Renzo Piano o di Carlo Scarpa, a dalla fluidità dei disegni di Zaha Hadid, ma anche dai maestri classici. Mi piacciono i musei, le librerie, le mostre, il cinema e il teatro. Non ho preferenze, l’importante è imparare a sviluppare lo sguardo. “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”, scriveva Dante Alighieri.
8. La nascita di un’opera spesso è espressione di situazioni e stati d’animo “speciali”: ci sono opere alle quali ti senti particolarmente legato e se sì puoi dirci perché?
L’importante è svegliarsi la mattina con il desiderio di fare, di superarsi. Scolpire è come fare l’amore. Non serve a niente creare senza essere ispirato. Bisogna vedere e sentire prima di fare. Ultimamente ho rivisto la Venere al bagno accovacciata al Palazzo Massimo di Roma e devo dire che ne sono stato molto ispirato. Penso che un’opera debba essere come un apparizione. Deve colpire il cuore, in francese si dice “coup de foudre”.
9. Pietra sta ad Archetipo come Design sta a Contemporaneo: nelle tue opere gli elementi si incontrano: un cerchio che si chiude o nuove prospettive che si aprono?
Nelle mie ricerche c’è sempre un filo conduttore, un punto di partenza e un punto di arrivo. Parto dal corpo umano come riferimento alla scultura occidentale per arrivare alla progettazione architettonica: mi interessa capire il rapporto tra il corpo e lo spazio. Il corpo come struttura universale, come elemento di desiderio. Come diceva Sottsass, l’industria ha necessità di produrre desideri.
Mi piacerebbe reintrodurre la pietra nella società contemporanea. Quando tutto accelera, la pietra, con il suo peso, la sua gravità, ci ricorda la sua presenza, ci ricorda di rallentare per pensare meglio. Il pavimento delle città è unico grazie alla pietra e il saper fare locale. Il nostro suolo è fondamentale perché costituisce la nostra radice. Bisogna avere i piedi sulla terra per avere la testa tra le nuvole di marmo.
La Redazione